Potrebbe essere un importante regalo per Valtiberina ed Altotevere la scoperta casuale di inedite opere dell’artista tifernate proprio alla vigilia del centenario della nascita.
CITTA’ DI CASTELLO – “La storia ha dell’incredibile e al momento ha mobilitato esperti del ministero e della sovrintendenza per valutare l’autenticità dei materiali ritrovati”. Queste sono le prime parole di Renato Copparoni, vicepresidente dell’apposita commissione nominata dal Ministero dei Beni Culturali di comune accordo con sovraintendenza perugina, comune tifernate, Fondazione di Palazzo Albizzini e Sogepu (in qualità di sponsor tecnico dell’evento).
Tutto comincia in una giornata di metà ottobre, quando il geom. Tonino Testamigna, pluridecorato capopattuglia Sogepu del nucleo prevenzione di abbandono di rifiuti, si reca lungo il greto del torrente Scatorbia per effettuare il consueto sopralluogo semestrale presso la lapide che ricorda l’uccisione del martire dell’antifascismo Venanzio Gabriotti. Parcheggiata l’auto all’interno della pista ciclabile che collega Fontecchio al quartiere di San Pio, il Testamigna, accompagnato dal collega Alvise Bani, si incammina verso l’argine sinistro della Scatorbia quando scorge nel greto del fiume una decina di contenitori di vario materiale abbandonati da ignoti. L’odore emesso dagli oggetti rasenta il nauseabondo, e la prima considerazione del tecnico è la possibilità della presenza di cadaveri in putrefazione all’interno dei contenitori. Fortunatamente nulla di tutto ciò: il cattivo odore era dovuto semplicemente alla qualità delle acque del placido torrente.
In seguito viene accertato che i contenitori erano gli avanzi di un trasloco avvenuto nella non lontana e ridente località di Titta. Le indagini del Commissariato di Polizia di Città di Castello hanno portato all’individuazione di una famiglia di origine mauritana e residente nel tifernate dal marzo del ’98, prima a Scalocchio e da poco a Titta. È stato quindi denunciato a piede libero per abbandono di rifiuti il capo famiglia Alì Gibì Taramà, in cerca di prima occupazione e con regolare permesso di soggiorno, ma con tasso alcolemico appena sopra i limiti di legge. Il Taramà si difende dicendo di aver trovato i materiali nella cantina e di essersene liberato al fiume, in parte nella Scatorbia e in parte sui più vicini Regnano e Cavaglione, come fanno tutti da quando è stata chiusa la discarica di Belladanza.
Fin qui nulla di anomalo, se non che due balle di iuta, tipiche dell’esercito americano durante la seconda guerra mondiale, contenevano pezzi di catrame, muffe non locali e scarti di plastica, di ferro e cemento, oltre che due inconfondibili cretti nella parte superiore. La scritta “U.S. Army” all’esterno dei contenitori ha immediatamente allertato il Testamigna che, temendo una bomba, ha attivato le forze dell’ordine. Il sottotenente Pino Spapperi della locale Compagnia Carabinieri, da sempre conoscitore del Burri poiché costretto più volte ad accompagnare agli ex Seccatoi Fat gli ospiti della caserma, ha immediatamente ipotizzato l’appartenenza dell’opera al grande artista tifernate, sequestrando l’area ed impedendo a Sogepu di prelevare i materiali per portarli agli impianti Gesenu di Ponte Rio.
Il Copparoni, per conto del Ministero dei Beni Culturali, ha subito collocato l’opera nel periodo di prigionia del Maestro, quando si trovò recluso nel Campo di Hereford in Texas durante la Seconda Guerra Mondiale. Tra gli studiosi si avanza l’ipotesi che si tratti addirittura dell’opera perduta chiamata “Sacco e Vanzetti”, di cui Burri raccontò la genesi in occasione del suo ritorno in Italia dopo il 1945. Del “Sacco e Vanzetti”, realizzato in omaggio a tutti gli italiani vittime di soprusi in suolo statunitense, si persero le tracce subito dopo la guerra, quando assieme ad altri capolavori l’opera finì accidentalmente in una concimaia di frodo dalle parti di Grumale.
Soddisfatto il Sindaco Luciano Bacchetta che, al termine della conferenza stampa svoltasi presso il Famila, e quindi vicino al luogo della sconvolgente scoperta, ha garantito che entro pochi giorni tutti coloro che vorranno vedere l’opera potranno farlo direttamente nel luogo del ritrovamento, dove sarà allestito un tazebao ricco di informazioni e sarà collocata una statua a grandezza naturale del Maestro Burri assieme ad alcuni dei suoi sacchi più rinomati.